Il cantante-chitarrista a servizio di Alter Bridge e Slash concede alle stampe un esordio solista toccante e di pregevole fattura tecnica a dimostrazione del suo innato talento vocale – sarebbe sufficiente ascoltare la magnifica ‘Love Can Only Heal’ - ma anche di capacità compositive che in questi anni sono forse passate sotto traccia. In bilico tra hard rock, grunge, Jeff Buckley, Led Zeppelin e i suoi Mayfield Four, Myles Kennedy ci regala dodici tracce evocative e mai banali nelle quali a volte spicca il guitar work, altre volte l’arrangiamento inconsueto ed altre ancora uno scheletro acustico ed essenziale. ‘The Great Beyond’ e ‘Blind Faith’ rappresentano un’ottima introduzione per gli scettici o chi si aspettava materiale di scarto. Molto bello l’assolo di ‘Devil On The Wall’ che apre la mente prima dell’art folk di ‘Ghost Of Shangri La’. ‘Mother’ è una riflessione personale sulla madre e sul concetto di famiglia in generale e ‘Nothing But A Name’ un pezzo che sarebbe potuto stare benissimo su ‘Fortress’. Splendida la chiusura con l’emozionante ballata ‘Songbird’ e una ‘One Fine Day’ che pare voler accendere un lume di speranza nell’animo di chi ascolta. Non mi stupirei di vedere ‘Year Of The Tiger’ nelle prime posizioni delle playlist di dicembre.