Il trio originario di Brooklyn si conferma a vette compositive eccelse con una quinta fatica sulla lunga distanza che evidenzia un approccio elitario e l’impulso sempre più forte a rappresentare un muro noise/shoegaze, trasversale a qualsiasi trend o concetto di musica indie e assolutamente invalicabile per la concorrenza. In certi periodi della propria carriera Oliver Ackermann – chitarrista, cantante e mente del progetto - avrebbe potuto scendere a compromessi, godere del passaparola scaturito dalle performance live o dai commenti positivi ricevuti praticamente da tutto il mondo, abbassare la guardia e tentare di ammorbidire il proprio sound. Così non è stato, né con ‘Worship’ e ancora meno con ‘Transfixiation’. Al massimo ad i retaggi di My Bloody Valentine e Slowdive si è aggiunto un comparto di influenze new wave che ha arricchito le dinamiche e reso più fruibile alcuni passaggi. ‘Pinned’ sottolinea quanto sia stato importante l’innesto di Lia Simone Braswell alla batteria e come il leader, dopo la chiusura del Death By Audio, non abbia voluto guardarsi alle spalle. Oltre all’opener ‘Never Coming Back’, in scaletta emergono ‘There’s Only One Of Us’, ‘Too Tough To Kill’ e ‘Act Your Age’ ma questa è solo una sensazione dopo un paio di settimane di ascolti. Magari tra un po' di tempo cambierà tutto.