Laddove non c’è ormai più speranza. Laddove solamente dolore e sofferenza regnano indisturbate. Gli Unearth non desiderano altri riferimenti spazio-temporali se non quelli della più terrificante desolazione. ‘III: In The Eyes Of Fire’ scrive una pagina importante del metal moderno e non solo rappresenta l’apice della carriera di un gruppo che aveva già saputo stupire con ‘The Uncoming Storm’ ma si impone come chiave di lettura per tutto quello che sta accadendo di questi tempi. Inevitabilmente il metalcore ha perduto consistenza con l’aggiungersi pedissequo e irritante di band su band, una la fotocopia dell’altra. Questo processo ha portato, consapevolmente o meno, all’affermazione sempre più forte dei gruppi con il termine ‘true’ tatuato sul petto. Sia sotto il lato della credibilità che sotto quello dell’abilità tecnica-strumentale la selezione naturale all’interno del movimento sta ponendo alla nostra attenzione entità estreme e pesantemente influenzate dal thrash anni ottanta come gli stessi Unearth. Questo nuovo album sancisce la loro grandezza evidenziandone, con l’aiuto della produzione stellare di Terry Date, capacità percussive oltre la media e delle chitarre, signori delle chitarre, da strapparsi la pelle di dosso. ‘This Glorious Nightmare’, ‘Giles’, ‘Sancity Of Brothers’, ‘The Devil Has Risen’ sono solo dei titoli. Solo lettere una di seguito all’altra che non possono trasmettervi la sensazione di totale privazione di anima che proverete ascoltandole.