Sono partiti da Berlino, hanno spostato il loro interesse verso l’Unione Sovietica e poi nei confronti degli Stati Uniti. Tutto in nome di un post rock che prende spunto dal cinema e dagli articoli di giornale cercando di suonare meno derivativo rispetto a quello di buona parte della concorrenza. Il disco è pensato come colonna sonora per ‘Koyaanisqatsi’ di Godfrey Reggio e sinceramente, a prescindere dalla buona idea della copertina, il paragone con l’opera di Philip Glass, forse il suo capolavoro, lo penalizza alquanto. Una sfida improba che i belgi hanno accettato con il supporto di Kapitän Platte – etichetta di Ef, Immanu El, Nihiling e The Hirsch Effekt - e che vede il pianoforte come strumento chiave. Un ibrido tra Explosions In The Sky, Mogwai, Pink Floyd e neoclassica che trova il suo climax in corrispondenza di ‘Four Corners’ e ‘Heat Haze’ ma che ha bisogno di chitarre più rudi e potenti per potere scuotere l’ascoltatore come vorrebbe.