Quando è l’ora di dire basta non si può fare finta di niente. La mannaia dell’oblio cade addosso come le oliate ghigliottine ai tempi della Rivoluzione Francese. Si può rinviare la fine di un album, non di più. Nel caso dei Papa Roach è triste vedere come le strade per tornare ai livelli di vendite di un tempo siano state già tutte percorse senza successo. Più che di ‘Paramour Sessions’ parlerei di sessione di sepultura tanta è la piattezza del nuovo album. Portati alla gloria durante l’ascesa del nu metal i californiani sono presto caduti in un vuoto di idee preoccupante dal quale non sono mai riusciti veramente a riprendersi. Questo disco è in assoluto il punto più basso della loro carriera (e fare peggio di ‘Love Hate Tragedy’ era un’ardua impresa) con pezzi ridicoli come il primo singolo ‘To Be Loved’ e inutili tentativi di tornare al passato come ‘Time Is Running Out’ e ‘My Heart Is A Fist’. Davvero triste vedere oscenità pseudo alternative che rispondono al nome di ‘Crash’ e ‘Forever’ (con testi che andrebbero bene a dodicenni alle prese con crisi adolescenziali) ergersi come colonne portanti di un disco privo di alcuna spinta creativa e stracolmo di ingenuità da gruppo al debutto che si affaccia per la prima volta agli affollati boulevard di Hollywood. Vedere poi Coby Dick e gli altri conciati come una delle tante emo band che spuntano nei college americani lascia capire come l’inerzia negativa sia incontrovertibile. Si salvano (forse) solo ‘Alive’ e ‘No More Secrets’. Che la conclusiva ‘Roses On My Grave’ rappresenti un fatale presagio ? A questo punto c’e’ solo da sperarlo.