Era inevitabile che il recupero a seguito del terribile incidente, che colpì il loro tour bus nell’Agosto del 2012, fosse lento e difficile. Adesso che la line-up è tornata stabile e che John Baizley ha letteralmente ripreso a camminare con le proprie gambe con ‘Purple’, è venuto il momento per i Baroness di riprendersi tutto ciò che si sono visti togliere ingiustamente. ‘Gold & Grey’ potrebbe davvero riuscirsi, non solo perché è il loro disco migliore dai tempi di ‘Yellow & Green’, ma perché , al di là della strepitosa copertina, possiede tutti gli elementi per piacere sia negli Stati Uniti che nel Vecchio Continente. La scaletta è la più varia di sempre (in passato non avrebbero mai potuto pubblicare un pezzo come ‘I’d Do Anything’) e sono sufficienti pochi minuti per calarsi in una serie di atmosfere pastorali, in costante equilibrio tra elettricità, tecnica, passaggi heavy ed altri acustici. Il talento del leader, che oltre a cantare e suonare la chitarra si è occupato pure di tastiere e percussioni, illumina l’intero lavoro ma anche il contributo di Gina Gleason è notevole. Sono sue le rifiniture vocali e le parti soliste di chitarra che David Fridmann - produttore che ha dato molto a Interpol, Tame Impala e Mogwai - ha saputo fare riaffiorare. Tanti colori diversi, melodie che si fissano in testa, progressioni epiche (‘Borderlines’) e stacchi ritmici tipicamente sludge che mantengono il legame con la scena di Savannah (Black Tusk, Kylesa). Rivederli dal vivo sarà uno spettacolo.