Quando li ho conosciuti ed intervistati per la prima volta, gli islandesi avevano pubblicato solo una musicassetta ma si percepiva quanto enorme fosse il loro potenziale. Nel frattempo la band è cresciuta, ha accumulato esperienze dal vivo, spaccato tutto a Iceland Airwaves e catturato l’attenzione dei proprietari di Nuclear Blast. Il giorno in cui è stato annunciato l’accordo tra gli Une Misère e l’etichetta discografica tedesca ho pensato che si trattasse di un momento di svolta per la scena che un po' tutti conosciamo per Sigur Rós e mùm, negli ultimi anni invasa da artisti hip hop e r&b. Il documentario Iceland: Beauty In Misery ha contribuito a scaldare l’attesa per questo esordio, registrato ai mitici Sundlaugin Studios e prodotto e mixato da Sky van Hoff (Rammstein, Emigrate), che pone le sue basi su un hardcore letale venato di influenze black. Chi ha avuto la fortuna di vederli dal vivo sa bene di cosa sto parlando (le mura dell’Idno tuttora tremano dalla passata edizione del festival). Chi invece non si è mai imbattuto nella loro furia farà bene a farsi il segno della croce e pentirsi in tempo dei propri peccati. ‘Sermon’ è il simbolo di una Natura malvagia, di un luogo che ormai si è fatto pieno di turisti e disprezza ancora di piu’ i reietti della società. Come tutti gli artwork di Niklas Sundin (Dark Tranquillity, Sentenced), anche questo è ricco di simboli e quando, in fase di presentazione, Jón Már Ásbjörnsson descrive ‘Failures’ come il racconto del viaggio da lui intrapreso per uscire dalla tossicodipendenza, appare chiaro che in scaletta non troveremo passaggi inseriti senza un criterio preciso. Il guitar work di Gunnar Ingi Jones, Finnbogi Örn Einarsson e Fannar Már Oddsson (gli ultimi due si occupano pure delle backing vocals) è monumentale e la sezione ritmica pare rubata agli Hatebreed oppure ai Rise Of The Northstars, per quanto risulta schiacciasassi e marziale. ‘Overlooked // Disregarded’ e ‘Burdened // Suffering’ illuminano la prima parte poi arrivano in serie ‘Fallen Eyes’, ‘Beaten’ e ‘Grave’ e non ce n’è piu’ per nessuno. Non solo siamo al cospetto del migliore album uscito per Nuclear Blast nell’anno in corso ma i presenti quaranta minuti di musica micidiale e selvaggia vi costringeranno a studiare in maniera approfondita la scuola metal di una delle nazioni piu’ all’avanguardia di sempre in termini musicali.