Gli Stati Uniti hanno da sempre una tradizione cantautorale da fantascienza. Partendo da Bob Dylan per finire a Bruce Springsteen, l’America del Nord ha sfornato davvero musicisti dalla grandezza incomparabile. Negli ultimi tempi, oltre a Pete Yorn che avrebbe potuto avere una carriera decisamente più luminosa rispetto agli ultimi trascurabili risultati ottenuti, brilla la stella di The White Buffalo, al secolo Jake Smith, autore di dischi sempre di qualità incontrastata. Non fa eccezione ‘On The Widow’s Walk’ che è un lavoro che rende omaggio alla grande tradizione musicale statunitense. Le canzoni sono belle e sono venate da una dose di grande malinconia come nella finale ‘I Don’t Know A Thing About Love’. Sfumature maggiormente elettriche si riscontrano nella possente ‘The Rapture’, mentre ci sono chiari riferimenti anche ai Creedence di John Fogerty, soprattutto in ‘Faster Than Fire’ e ‘Problem Solution’ che sono gli episodi più rock del lotto. In realtà, se un fantasma aleggia negli oltre quaranta minuti di musica di spessore, è sicuramente quello del Boss più intimo. Basta ascoltare con attenzione ‘The Drifter’ per rendersi conto come il buon Springsteen abbia influenzato tantissimo Jake Smith, a partire dall’impostazione vocale che non può non ricordare l’autore di ‘Fire’ e ‘Born In The Usa’. Non mancano i richiami anche alla West Coast, altra influenza pesante, che sono facilmente ascoltabili dalle note di ‘No History’. Il disco procede spedito e rapido e mette in chiara luce il talento compositivo di Smith che ha cercato in tutti i modi di applicare nel suo cd un teorema che dovrebbe essere chiaro ai musicisti, ovvero quello di scrivere canzoni che vadano spedite dritte al cuore. Non è facile da realizzare un’operazione del genere, ma chi ci riesce ha un posto assicurato nell’olimpo dei grandi. La strada verso la gloria per The White Buffalo sembra essere abbastanza tracciata in tal senso.