La trasversalità tra generazioni differenti è uno degli aspetti che mi ha sempre interessato di più nella musica eppure stavolta ho il timore che solo chi è cresciuto negli anni ‘90 e sa il valore di una band come i Green Carnation possa apprezzare sul serio quest’album. Sono trascorsi quasi tre lustri dalla pubblicazione di ‘Acoustic Verses’, per alcuni il punto debole di una discografia in pratica perfetta e per altri un’apertura verso sonorità diverse, e gli autori di ‘Light Of Day, Day Of Darkness’ hanno sostanzialmente tentato di recuperare quel fervore lirico regalando il dovuto spazio a tutte le loro influenze. In scaletta si passa dai Pink Floyd ai Pain Of Salvation, dal doom alla psichedelia pura, dalla tipica malinconia delle melodie nordiche ad attimi di immediatezza che sorprende. ‘Sentinels’ e ‘Hounds’ sono gli apici della nuova versione della formazione guidata da Kjetil Nordhus eppure incuriosisce non solo il fatto che la scaletta sia stata chiusa con la cover di ‘Solitude’ dei Black Sabbath ma soprattutto che tale adattamento stia così bene col resto del materiale. Ancora non sappiamo se dovremo attendere un’eternità o solo qualche anno per un’altra uscita discografica dei norvegesi ma di sicuro ‘Leaves Of Yesteryear’, impreziosito dalla copertina di Niklas Sundin, ce li riconsegna in splendida forma e intatti nella loro caparbietà stilistica. L’aggiunta del batterista Jonathan A. Perez, ex- Sirenia e Tristania, ha poi regalato nuova verve alla sezione ritmica e in questi casi di energia non ce n’è mai troppa.