Il secondo lavoro del gruppo rap metal australiano è una vera e propria dichiarazione di intenti, una prova di forza che dona ulteriore pregio ad una scena che ormai non soffre più alcuna sudditanza psicologica rispetto a quella statunitense. Che tutto sia pronto per il decollo si percepisce anche dai due featuring che impreziosiscono l'album ovvero quello di CJ McMahon dei Thy Art Is Murder, che scuote le corde vocali in 'Bloodlust', e quello di Frankie Palmeri degli Emmure, superbo in 'What’s the Proof?'. Inoltre la produzione ha compiuto progressi importanti rispetto al debutto e, nonostante la presenza di un solo chitarrista, i riff sembrano suonati non da due ma da tre persone. Sarebbe facile evidenziare il guitar work di Andrew Stevens perché fin dall'opener 'No Sugar', è lui a trascinare l'ascoltatore e guidarlo nei meandri del metalcore, del djent e del nu metal. Matthew Neki? è però un drummer fenomenale, il nuovo bassista Julian Ellul compie il suo dovere senza pecche e Matthew Youkhana è un frontman vecchio stile, anni novanta per intenderci, e regala corpo e energia alle sue parti vocali. Oltre alle palesi influenze di Korn ('Liberate Me' e 'Homesick'), Limp Bizkit, Hacktivist e appunto Emmure, rimarrete sorpresi dalle atmosfere dark di alcuni passaggi e non potrete rimanere indifferenti al cospetto della carica di 'TN Tax' e 'Devil On My Shoulder'. Qualche sbavatura nella seconda parte non inficia il giudizio estremamente positivo e la sensazione è che il terzo full lenght potrebbe essere quello della svolta definitiva.