Il secondo album della produttrice techno gallese sarebbe dovuto uscire nel periodo peggiore e quindi è stato posticipato di qualche mese. Un peccato che abbia dovuto patire problemi di promozione, visto che la situazione non è migliorata molto, perché è veramente sensazionale. ‘Arpeggi’ introduce una scaletta che per certi versi riprende i risultati raggiunti in occasione del debutto ma allo stesso tempo sembra far di tutto per spazzarli via e proiettarsi verso il futuro ('L.I.N.E.'). L'aspetto più intrigante di 'Inner Song' sta nella sua capacità di immergere l'ascoltatore in una serie di visioni adulte che potrebbero essere generate da qualche droga oppure dall'assenza di sonno per troppi giorni. Un approccio semplicistico alla release potrebbe portare a considerare Kelly Lee Owens più per i suoi remix altolocati (Björk, Jon Hopkins) che per il suo esordio omonimo, ormai vecchio di tre anni, e lo sottolineo perché al cospetto di una produzione tanto aggiornata, addetti ai lavori e fan dispersi in tutto il mondo tenderanno di primo acchito a considerarlo un taglio netto col passato (in fondo 'Melt! e 'Night' sembrano essere composte da un'altra artista). Al contrario, ma servono numerosi ascolti ed un approfondimento delle sfumature e degli arrangiamenti, 'Inner Song' è costruito come un classico secondo album, che poi è stato stratificato e filtrato in maniera da dare l'impressione di apparire l'ultima figata in ambito techno ('Re-Wild' ed il clamoroso missaggio di 'Corner Of My Sky' da parte di Cherif Hashizume). Un'analisi un po' sadica però piuttosto aderente alla realtà e, alla fine, se la ragazza si diverte, allora ci divertiamo anche noi.