Diciamoci la verità! Se qualche anno fa si fosse ipotizzata l’uscita di un nuovo disco degli AC/DC, in molti avrebbero avuto fortissimi dubbi sulla realizzazione di quello che sarebbe dovuto essere il diciassettesimo lavoro della band australiana. I problemi con la giustizia di Phil Rudd, la voglia di godersi la dorata pensione da parte di Cliff Williams, l’udito sempre più barcollante di Brian Johnson e soprattutto la morte di Malcom Young sembravano aver decretato la parola fine sulla carriera di una delle band più dirompenti della storia del rock. Invece, proprio la dipartita di Malcom Young, è stata l’occasione per i singoli componenti del gruppo di fare quadrato, di riavvicinarsi e di poter mettere nuovamente mano alla musica per cui sono conosciuti in ogni angolo del pianeta. “Power Up”, in uscita al tramonto di quest’anno, è un disco composto da musica vecchia e non solo perché il sound di questi signori è riconoscibile all’istante. Le canzoni presenti su questo platter vengono fuori dalle sessions che furono registrate per “Black Ice” e tale aspetto risulta essere rilevante, dal momento che quello fu uno degli album migliori prodotti ultimamente dagli AC/DC e decisamente più bello rispetto al controverso e successivo “Rock Or Bust”. In almeno otto composizioni la band suona diretta e immediata, grazie a delle canzoni piacevoli che potrebbero essere decisamente funzionali e funzionanti per i loro futuri concerti. Il trittico iniziale composto da “Realize”, “Rejection” e il singolo “Shot In The Dark” è un ottimo biglietto da visita, dove non c’è davvero nulla di sbagliato. Chi è un fan degli AC/DC sa già cosa aspettarsi da brani come questi: rock spicciolo, crudo e melodico allo stesso tempo, messo in moto da una macchina che è oleata da moltissimi anni, tanto che il nuovo ingresso Stevie Young sembra essere parte di questo ingranaggio da secoli. Se “Through The Mists Of Time” riesce a mantenersi a galla, qualche segno di cedimento, invece, lo offre la bluesy “Kick You When You’re Down” che non passerà alla storia come uno dei momenti meglio riusciti della band. “Witch’s Spell”, invece, ha un’andatura molto viaggiante, così come “Demon Fire” che pare davvero una composizione presa dal periodo di “High Voltage”. Gli episodi meno ispirati sono sicuramente “Wild Reputation” e “No Man’s Land” che in altri tempi sarebbero stati utilizzati come b-sides dei propri singoli. La fine, invece, è spettacolare, perché sia “Systems Down” che “Money Shot” sono tracce che ancora danno metri di distanza ai musicisti delle nuove generazioni. Del resto se nella tua carriera hai venduto oltre duecento milioni di dischi, di cui settanta “solo” negli Stati Uniti, un motivo ci dovrà pure essere. A chiudere il cerchio, infine, ci pensa “Code Red”, altro anthem tipico di Angus Young e compagni con tanto di cori possenti in fase di ritornello. “Niente Da Dire” avrebbe detto Dan Peterson in una delle sue telecronache quando raccontava giocate di rilievo compiute sul parquet dai giocatori NBA e questa frase si addice alla perfezione nei confronti di “Power Up”. A questi signori che sono ritornati con un disco gradevole e pieno di belle canzoni non si può fare altro che dire grazie. E di questi tempi, aggiungiamo noi, non è poco.