Dopo numerosi singoli basati sull'ubriachezza molesta e sulle feste più sfrenate, i finlandesi hanno capito di aver battuto fin troppo quel ferro caldo ed aver bisogno di cambiare qualcosa nella loro proposta. In realtà non è cambiato molto perché gli elementi sono sempre i soliti, ma la cura con cui sono state selezionati testi, dinamiche e crescendo ritmici ha fatto la differenza. ‘Jylhä’ infatti non è soltato uno dei migliori lavori di folk metal degli ultimi anni ma uno degli apici assoluti della discografia di un collettivo che ha saputo creare un grande passaparola con esibizioni dal vivo sempre convincenti. Senza allontanarsi dai territori battuti in passato, I Korpiklaani hanno dato alle stampe un album che accentua gli spigoli della loro proposta. Più melodico e progressive in certi frangenti e più spensierato e rockeggiante in altri. I testi sono stati composti quasi totalmente da Tuomas Keskimäki e tra gli argomenti trattati c’è anche il massacro del Lago di Bodom ovvero uno dei più famosi casi di omicidio irrisolti nella storia finlandese. I colori di ‘Jylhä’, dato alle stampe tre anni dopo il fortunato ‘Kulkija’, rimangono tenui, se non addirittura scuri, ma nell’approccio compositivo il peso specifico di tastiere e fisarmonica è diventato maggiore, senza peraltro svilire la potenza di chitarra e basso. Si passa dal robusto riffing di ‘Verikoira’ e ‘Tuuleton’ al sapore commerciale di ‘Sanaton Maa’, dalla classicità di ‘Niemi’ alle atmosfere country di ‘Pidot’. L’intero spettro di influenze viene coperto e la sensazione è che il posto nei Big 5 del folk metal, come suggerito nel suo libro da Markus Laakso, sia al sicuro.