“Plutone, dio degli inferi, stanco delle tenebre del suo regno, decise un giorno di affiorare alla luce e vedere un po' di questo mondo... Dopo un lungo e faticoso cammino emerse infine su una pianura bellissima, posta a mezza costa del monte Enna. Era Pergusa, dal lago ceruleo, alimentato da ruscelli armoniosi e illeggiadriti da fiori di tante varietà che mischiando i profumi creavano soavi odori e così intensi da inebriare... Ad un tratto, volgendo lo sguardo, scorse in un prato un gruppo di fanciulle che coglievano fiori con movenze leggere, fiori tra i fiori”
I versi di Claudiano mi ricordano che la sposa di Plutone nonché regina degli Inferi è apparsa spesso nelle mie letture giovanili e non solo perché protagonista del magnifico dramma scritto da Mary e Percy Bysshe Shelley, durante la loro permanenza in Italia. A ricoprire la figura della dea dell’oltretomba è Sara Baggini, eclettica artista cresciuta all’Accademia di Belle Arti di Perugia che già con ‘One Thin Line’ e ‘Grief And Desire’ aveva dimostrato di possedere un talento notevole. È però con questa terza produzione, supervisionata da Fabio Ripanucci e Daniele Rotella, che Augustine raggiunge il suo apice compositivo, esibendo un intrigante concept sull’abbandono fisico e psicologico, più che attuale visto il periodo che stiamo attraversando, ma soprattutto progressi notevole in termini vocali e di arrangiamenti. La sua musica è pura poesia e le ambientazioni dark folk e neo-classiche, marcate a fuoco da Moog e Rhodes, riflettono una bellezza inaudita ed una teatralità fuori dal comune. Non mancano le divagazioni in territori ambient e new wave e l’ascolto potrà attrarre anche gli appassionati di Jennifer Hval e Agnes Obel. ‘Pagan’ e ‘Anemones’ hanno anticipato l’uscita dell’album con due stupendi video di Francesco Biccheri, mostrandone rispettivamente la versione più oscura e macabra e quella più elegiaca e se vogliamo solare, ma la scaletta è priva di cali di tensione e trasmette un desiderio impellente di scoprirne la trasposizione live. Augustine, pseudonimo ispirato dal nome della protagonista del saggio di Georges Didi-Huberman L’invenzione dell’isteria, si è superata con la semplicità che solo i più grandi artisti possiedono e la mitologia richiamata costantemente dalle sue composizioni è un affidabile strumento di autoanalisi.