Il gruppo ucraino ha concepito il proprio capolavoro ed al cospetto di un disco tanto concreto e spiazzante sono doverose almeno tre considerazioni. La prima sarà banale ma è sempre più veriteria specialmente in questi mesi. La pandemia ha lasciato a casa molte band e permesso loro di scrivere e produrre il nuovo materiale con calma, attenzione e senza alcuna pressione dalle etichette discografiche. Inevitabile aggiungere che ciò ha sospinto in alto l’asticella qualitativa delle release. La seconda considerazione riguarda lo stile dei Jinjer che con gli anni invece di diventare sempre più commerciale e appetibile al grande pubblico si è evoluto nel senso di una maggiore aggressività e di una eccezionale trasportabilità del materiale dal vivo. Non lo fanno tutti quindi è giusto sottolineare tale merito. L’ultima considerazione riguarda la voce di Tatiana Shmayluk che di recente è stata messa a dura prova da una crescente serie di tour estenuanti e il cui dominio sulla scena estrema è stato messo in discussione dall’esplosione di tante cantanti di valore come Katie Davies dei Pupil Slicer, Larissa Stupar dei Venom Prison, Justine Jones degli Employed To Serve e ancora Megan Targett dei Vexed. Se ne potrebbero tranquillamente aggiungere pure altre e alla cantante originaria di Donetsk non si smuoverebbe un capello e nemmeno il poco rassicurabile ghigno, consapevole dei propri mezzi e di avere ormai un seguito indiscusso. ‘Wallflowers’ non è di sicuro il seguito di che ci saremmo aspettati dopo ‘Macro’ ma rappresenta almeno due step avanti. Un feroce ibrido tra metalcore, djent e groove metal esaltato dalle pazzesche qualità tecniche di tutti i membri. Delle doti del chitarrista Roman Ibramkhalilov e del bassista Eugene Abdukhanov si è parlato spesso in precedenza ma in quest’occasione mi piacerebbe evidenziare quanto sia mostruoso dietro le pelli Vladislav Ulasevish, entrato nel gruppo cinque anni fa al posto di Dmitriy Kim. Sentitelo in ‘Colossus’ o ‘Vortex’ e verrete presi da un irresistibile desiderio di misurarvi con uno strumento troppo spesso sottovalutato. ‘Disclosure!, ‘Sleep Of The Righteous’ e ‘Mediator’ sono altri apici di una tracklist costruita su melodie intricate e atmosfere che vanno dal malinconico all’apocalittico. La colonna sonora perfetta per un film in grado di descrive il sempre più delicato rapporto che abbiamo con la tecnologia e con una società dominata dai media. Non sono la persona deputata ad affermare se ‘Wallflowers’ sarà capace o meno di spingere i Jinjer ancora più in alto di quanto sono riusciti ad arrivare finora, ma posso dirvi che non mi lascerebbe affatto sorpreso.