La vecchia scuola non tradisce e questo lo sapete bene, ma per una volta, invece di rispolverare qualche classico tra i vostri vinili, provate a mettere sul giradischi la quinta fatica su lunga distanza del gruppo di Kristiansand, che ricordiamo ad inizio carriera sull’epico split ‘New Age Of Iron Vol. 1’ in bella compagnia di Ram, Enforcer e Atlantean Kodex. Non solo non rimarrete delusi, ma sarete costretti a tirare fuori dall’armadio il vostro chiodo di pelle. I loro album sono uno migliore dell’altro ed è sul serio complicato trovare in circolazione un suono tanto potente, evocativo e letale. Il successore di ‘Burn The World’, mixato da Tommy Hansen (Helloween, Hatesphere), non fa altro che estremizzare le caratteristiche degli autori di ‘Crimen Laesae..’ e ‘Crossroads’, ovvero puntare su passaggi ancora più aggressivi così come su melodie in grado di regalare emozioni e provocare un forte senso di nostalgia per le glorie borchiate che ci facevano sognare. Col passare degli anni, i Portrait hanno saputo realizzare l’ibrido perfetto tra King Diamond e Dissection (‘Phantom Fathomer’ e ‘A Murder Of Crows’), rendendo la proposta sempre più dettagliata e ricca di fascino. Un’ambientazione oscura fa da sfondo ideale al guitar work di Christian Lindell (ex Helvetets Port) ed al cantato carismatico di Per Lengstedt, supportati da una sezione ritmica più che mai massiccia. Destinato a chi non ne vuole sapere di cambiare le proprie abitudini.