A distanza di otto anni da ‘End Of Disclosure’, gli svedesi si riaffacciano sul mercato con un album di death metal melodico estremamente aggressivo che ripaga tutti i fan della lunga attesa. In tutta sincerità non credo che la totalità delle idee che troviamo su ‘Worship’ fossero pensate per gli Hypocrisy, visto l’impegno di Peter Tägtgren prima nei Pain – ancora fermi a ‘Coming Home’ – e poi nei Lindemann – terminato dopo un litigio con il frontman dei Rammstein – ma ciò non è certo un difetto perché accresce la varietà della proposta e rende più accattivante l’ascolto. Come vi dicevo il grado di aggressività è eccelso e ‘Worship’ cita dischi come ‘A Taste Of Extreme Divinity’ e ‘The Arrival’ ma anche vecchi masterpiece quali ‘Abducted’, ‘The Final Chapter’ e addirittura ‘The Other Side’ dei The Abyss. Il leader, sempre supportato da Mikael Hedlund, Horgh e Tomas Elofsson, ha quindi compiuto un viaggio a ritroso nel tempo riscoprendo i valori e le influenze che lo portarono a formare la band, dopo il suo ritorno in Svezia dall’esperienza in Florida, dove tra l’altro suonò con i Malevolence. I testi sono in costante bilico tra l’apparizione degli UFO ed un senso di pericolo imminente ma la copertina di Blake Armstrong (Kataklysm, In Flames) lascia intendere una critica alla società attuale, con una massa di umani che inneggia al cielo mentre astronavi luminose si dirigono verso la Terra ed i templi Maya. In tal senso ‘We’re The Walking Dead’ appare piuttosto chiara e, se ‘Dead World’ e ‘Gods Of The Underground’ ambiscono a conquistare un posto di rilievo nelle prossime setlist dal vivo, ‘Chemical Whore’ affronta il delicato tema della dipendenza da medicinali con stacchi ritmici da paura mentre ‘Children Of The Gray’ viene esaltata da un guitar work eccezionale e parti vocali evocative.