Quanto sono belli gli Idles. Estetici e incasinati da morire, come erano, per definizione, le band punk rock di una volta. Adesso tutto è diventato di plastica, i dischi non si consumano più dall’inizio alla fine e conta più un video al momento giusto del sapere tenere in pugno il pubblico durante uno show. Gli Idles però non ci stanno e fin dal principio della loro fulgida carriera hanno improntato la loro catartica proposta su una trasportabilità live micidiale e testi in grado di far riflettere. Anche nel successore di ‘Ultra Mono’ si parla di demoni, di droga e di abusi, di violenza allo stato brado e degrado sociale e Joe Talbot è cresciuto talmente tanto come frontman da non dovere più timore confronti con nessuno. Al suo fianco troviamo sempre il geniale chitarrista e produttore Mark Bowen ed il mastodontico bassista Adam Devonshire, che contribuiscono a caratterizzare l’immagine del gruppo. Jon Beavis non è certo da meno e spacca tutto dietro le pelli, consapevole che lo spettacolo andrà comunque avanti col frontman intrappolato tra i fili del microfono e qualche strumento volato per aria. Per fare meglio di Fat White Family, Shame, Fontaines D.C. e Black Midi, gli Idles hanno puntato sulla solita euforia punk e sulle derive rumoriste che hanno scatenato le folle ai loro concerti, ma anche su ritmiche più subliminali e passaggi rallentati e ossessivi, in grado di accendere un lume di oscurità nell’atmosfera generale del disco. ‘The Wheel’ e ‘Car Crash’ sono due pezzi strepitosi posti ad inizio scaletta, ‘When The Lights Come On’ un post-punk capace di attrarre i più giovani mentre ‘The Beachland Ballroom’ una ballata dark che avrebbe potuto scrivere Nick Cave. ‘The New Sensation’ e ‘Meds’, tagliata in due addirittura da un sax, sono altri due passaggi in cui gli Idles sperimentano e giocano con le loro influenze ma poi, improvvisamente, nella loro testa si riaffaccia lo spettro dell’ultima esibizione davanti ad una folla squartata dalle grida disperate di Talbot e dalle rasoiate di Bowen e Kiernan ed ecco che spuntano ‘Crawl!’ e ‘King Snake’, pronte a diventare momenti topici delle prossime setlist. In ogni caso, piaccia o meno, gli Idles sono puri e incontaminati. Se ne fregano di tutto e tutti e continuano a pubblicare dischi grandiosi che non aspettano altro di essere ascoltati a volumi improponibili.