Quest’anno non ho inserito in playlist nemmeno un disco puramente hip hop o elettronico e l’ho fatto volutamente perché in tali ambiti è uscito sul serio poco di interessante, a dispetto di altre scene che in un modo o nell’altro hanno saputo rispondere presente alla crisi dell’industria ed al disastro provocato dalla sospensione dell’attività live. Nel presente debutto, un disco talmente di frontiera da potere essere assimilato tante a LCD Soundsystem quanto a Gaika, ho trovato però una freschezza incredibile, basi elettroniche da paura (‘To Have You’) e liriche capace di stamparsi subito in testa come quelle dei classici rap degli anni ‘90. David Balfe ha scritto queste canzoni nel giro di circa tre anni, ispirato dal suicidio dell’amico Paul Curran (Burnt Out), alternando passaggi che potrebbero appartenere alla discografia di Burial (‘The Myth/I Don't’) o Mount Kimbie. Il disco è costruito su continui crescendo emotivi, a tratti disperati, ed il gelido post-punk che piace tanto all’artista irlandese improvvisamente diviene materia per scuotere la testa e ballare ad occhi chiusi. ‘I Have A Love’ e ‘Birthday’ sono perfetti esempi del suo talento compositivo e spiccano in una scaletta ricca di spoken word, campionamenti, momenti di dolore e rabbia ed euforia rave. Un progetto dalle potenzialità incredibili ed uno schiaffo alla scena statunitense, ormai smarrita al cospetto dei dati importati dalle classifiche streaming ed incapace da tempo di produrre lavori della medesima profondità.