Scocca l’ora dei lupi e, giunti al nono lavoro in studio, gli svedesi concedono alle stampe un’altra manciata di tracce intrise di valori storici, fenomenologia vichinga, melodie nordiche e riff black metal. In nome del paganesimo e dell’epicità più pura ed intransigente, il successore di ‘Järtecken’ è esattamente quello che si può immaginare osservando l’artwork di Christina Olsson. Il cielo è totalmente grigio, le montagne incutono timore, la barca scorre con inesorabile lentezza sul fiume Lethe e le rasoiate di ‘Rise Of The Destroyer’ e ‘Alvablot’ lasciano il segno, mentre l’atmosfera si fa sempre più cupa. ‘Heimdals Horn’ è la solenne conclusione di un album che non aggiunge nulla alla carriera degli Ereb Altor ma che ne conferma lo status di culto in uno movimento che sta vivendo un altro buon periodo, dopo la forte crisi che ne aveva seguito l’ascesa. Il connubio artistico che si è venuto a creare tra Mats e Ragnar, entrambi ex Forlorn e attivi negli Isole, ha pochi eguali al mondo e ritengo sia venuto il momento che un gruppo di questa stazza emerga dalle strette cerchie dell’underground e venga apprezzato a livello internazionale.