Ho avuto la fortuna di assistere due volte alle performance dal vivo degli inglesi e posso assicurarvi che si tratta di esperienze pazzesche. In questi anni mi sono chiesto più volte cosa aspettassero a tornare nei negozi dopo ‘Time Will Die And Love Will Bury It’, osannato da Kerrang! e dalla stragrande maggioranza della stampa specializzata. Non me lo sono chiesto solo dal punto di vista della band, ma soprattutto da quello delle etichette e dei personaggi che mandano avanti l’industria discografica. Per quattro anni, pur consapevole dei problemi avuti con Holy Roar, non sono riuscito a comprendere come non si potesse investire sul faccino educato di Eva Korman, praticamente Diane di Trainspotting con in cuffia i Dillinger Escape Plan, e sull’attitudine garage dei ragazzi. Al suo fianco, il fratello James Spence si sbatte al piano ed ai synth, tormenta anche lui il microfono e rende ancora più elevato il grado di imprevedibilità dell’opera. La realtà è che i Rolo Tomassi rappresentano un’entità sonora assolutamente unica e incorruttibile. Hanno proseguito nella loro etica DIY, accumulando show su show e scrivendo tanto di quel materiale da potere pubblicare quattro album. Il risultato di una accurata selezione, avvenuta in presenza del produttore Lewis Johns che aveva seguito anche i processi di ‘Grievances’ e ‘Time Will Die And Love Will Bury It’, è una scaletta di dieci tracce che si incastrano tra loro a meraviglia e propongono un mix dissoluto tra mathcore, post-hardcore, jazz e progressive rock. Le referenze sono tante e si passa dai Glassjaw ai Blood Brothers, dai Pupil Slicer ai Converge, dagli At The Drive-in a John Coltrane, ma ciò che colpisce è la straordinaria elitarietà di un sound corrosivo e letale dal primo all’ultimo istante. ‘Where Myth Becomes Memory’ è stato registrato tra il Regno Unito ed il New Jersey e pezzi come ‘Cloaked’, ‘Closer’ e ‘The End Of Eternity’ ci regalano la colonna sonora perfetta di questi mesi disperati. Ansia, rancore, frustrazione, desiderio di fuggire ma anche di prendere a schiaffi l’ignoranza, il razzismo, il tentativo di prevaricazione culturale e sociale. In ‘Where Myth Becomes Memory’ troverete tutto questo. I ritmi sono folli, il batterista Tom Pitts ha sbattuto la porta ma è stato sostituito alla grande da Al Pott, il basso di Nathan Fairweather appare in costante primo piano e le chitarre di Chris Cayford sono roba da perderci la testa. Non vi limitate al primo ascolto, lasciate che l’album cresca di ora in ora, fatelo vostro come un’offerta imperdibile e godete senza limiti della purezza artistica di una cantante che meriterebbe di essere su tutte le copertine. Perché sarebbe impensabile tra qualche tempo non avere memoria di un mito del genere.