Dalla serie guarda un po' chi si rivede, ecco che ricompaiono sulle scene gli Urge Overkill, band alternative che nei primi anni novanta ebbe un discreto successo grazie a un capolavoro come “Saturation” ed alla quasi contemporanea partecipazione all’interno della colonna sonora del fortunatissimo “Pulp Fiction” con una cover di Neil Diamond. Successivamente, il pur buono “Exit The Dragon” del 1995 segnò l’inizio della fine, tanto che di lì a poco il gruppo si sciolse. Quando la macchina venne rimessa in moto, il trio si trasformò in un duo, dal momento che Nash Kato ed Eddie “King” Roeser vennero lasciati dal loro storico batterista. Il ritorno “Rock & Roll Submarine” fu un mezzo flop, tanto che in molti pensarono che per questo gruppo americano la luce si fosse spenta del tutto. Invece, come spesso accade in questi casi, la smentita è arrivata come un fulmine a ciel sereno. “Oui” è un lavoro che per sonorità ed attitudine ricorda proprio il controverso “Exit The Dragon”, grazie ad una scrittura che è ritornata più che dignitosa, sebbene il primo singolo, con cui si sono fatti rinotare, sia una cover stravolta di “Freedom!” degli Wham. A parte questo diversivo, il sound è molto elettroacustico, con virate verso il blues, vedi “Forgiven” in cui sembra di ascoltare i mitici ZZ Top. Rimandi agli anni novanta se ne trovano, a partire da “A Necessary Evil” che non avrebbe decisamente sfigurato nella loro precedente produzione. Stesso discorso per la solare “Totem Pole” in cui si respira la tradizione alternativa americana che portava brani come questo dritti in classifica. Quel che piace è che le voci di Kato e Roeser siano rimaste identiche a come le avevamo lasciate tanti anni fa, regalandoci quell’alternanza vocale che tanto li aveva contraddistinti nel periodo del proprio maggior successo. Nel finale, poi, a differenza di quanto accade per la stragrande maggioranza dei dischi di questi ultimi anni, la qualità tende a salire e a lasciare soddisfatti, ma anche a fare rimanere il fan di vecchia data con un pochino di rammarico nelle orecchie. Pezzi come “Litany”, “Won’t Let Go” e “Snow” fanno capire quanto talento avesse questa formazione e come davvero non si spieghi che la stessa sia rimasta un nome di culto per semplici appassionati e nostalgici. A volte è difficile trovare spiegazioni a tutto ciò. Non rimane, allora, che ascoltare e far scoprire ai più giovani che aria tirava nei primi anni novanta.