Mi è ignoto il motivo per cui i tedeschi non siano famosi come altri gruppi symphonic black metal, che ancora oggi, a distanza di anni dalle loro migliori pubblicazioni, vengono osannati senza riserve. Di sicuro i numerosi cambi di line-up, in pratica l’ex Nocte Obducta Martin “Sathonys” Wickler è rimasto il solo membro fondatore, non hanno aiutato ma dischi come ‘Chapter III’ e ‘Serpent's Embrace’ avrebbero certamente meritato maggiore notorietà. Adesso gli Agathodaimon ci riprovano, forti del contratto con Napalm Records e di una rinnovata verve creativa e, nonostante i nove anni trascorsi dal precedente ‘In Darkness’, la loro formula è sempre vincente. Ashtrael è autore di una discreta prova vocale e in ‘Wolf Within’ finisce per scuotere inevitabilmente l’animo di chi si pone all’ascolto. A tratti pare che ‘The Seven’ desideri compiere un viaggio a ritroso nel tempo mentre in altri frangenti gli spunti moderni sono evidenti. In realtà siamo al cospetto, un po’ come successo con il ritorno discografico dei Mystic Circle, di un grande disco di dark metal. Le influenze estreme faranno gioire i fan di vecchia data, nonché quelli di Cradle Of Filth e Old Man’s Child, e la produzione di Kristian “Kohle” Bonifer (Aborted, Powerwolf) saprà convincere anche i più scettici, tra atmosfere tetre, risvolti lirici drammatici e stacchi ritmici epici. ‘Ain't Death Grand’ ha un feeling quasi rock n’ roll, la presenza di Julien Truchan dei Benighted e di Vlad Dracul, nella ferale ‘Moter Of All Gods’, arricchisce la scaletta e ‘In My Dreams’ potrebbe essere ulteriormente sviluppata in futuro.