Lo sleaze metal. Quello vero. Gli svedesi sono attivi ormai da oltre vent’anni, tra l’altro ad inizio carriera con Tobias Forge dei Ghost alla chitarra, ed in diverse occasioni hanno saputo catturare l’attenzione degli appassionati di band come Skid Row (‘Resurrection Of The Damned’), Hanoi Rocks, Mötley Crüe, Warrant e Hardcore Superstar. Dopo il successo in patria di ‘Rest In Sleaze’ ed il suicidio di Dave Lepard, al microfono si sono alternati diversi cantanti finché la line-up si è stabilizzata con l’ingresso di Gabriel Keyes. ‘Rust’ è servito a ricaricare le batteria e testare il nuovo cantante ma, a causa dell’emergenza sanitaria, non è stato promosso a dovere. Adesso con questo quinto full lenght, provano il colpo della vita con una produzione a carattere internazionale ed un approccio compositivo molto più vario che pesca liberamente da arena rock, AOR, hard rock anni ‘70 e ‘80, glam e hair metal. Un condensato di emozioni sostenuto dalla chitarra di Martin Sweet e dal basso di Peter London, perfetto complemento della batteria di Eric Young, che ospitano Michael Starr (Steel Panther) nell’anthem ‘Powerline’ e trovano in ‘Shine On’, ‘No Man’s Land’ e ‘We Die Hard’ altri potenziali classici. A volte i ritmi rallentano (‘Darker Minds’) mentre in altri frangenti l’aggressività aumenta (‘Dead Crusade’) e si ha davvero l’impressione di trovarsi sotto palco a sudare davanti ai quattro. In chiusura tre pezzi piuttosto oscuri come ‘Shell Shock’, ‘Unbroken’ ed il lento acustico ‘I Can’t Move On (Without You)’ che svelano un’ulteriore dimensione di una band che merita di essere rivalutata.