Gli australiani sanno raccontare storie e, dopo aver omaggiato l’Italia, o almeno la sua gente, con il loro secondo lavoro in studio, tornano nei negozi con una serie di stanze immaginarie nelle quali il romanticismo urbano, i vizi capitali, la politica e la caratterizzazione dei personaggi hanno infinite possibilità di letture. Essendo il terzo album, ‘Endless Rooms’ è chiamato a consacrare in maniera definitiva questo collettivo che ha cercato di rappresentare un’alternativa allo strapotere della scena anglosassone e di quella americana in ambito indie. La difficoltà più grande è spingersi oltre il successo ottenuto fino a questo momento e probabilmente per farlo servirebbe un singolo azzeccato o un video capace di ridurre le distanze generazionali. In termini di produzione, ‘Endless Rooms’ è più vicino al debutto ma in quanto ad arrangiamenti e liriche si percepisce una linea di continuità forte con ‘Sideways To New Italy’. Una volta terminato il lockdown la band si è ritrovata in una casa di fango e mattoni sul lago nella regione di Victoria e poi si è recata in studio a Melboune, sotto la supervisione di Matt Duffy, e ha registrato pezzi come ‘Tidal River’ e ‘The Way It Shatters’, che mettono in evidenza i contrasti tra le voci e le chitarre di Tom Russo, Frank Keaney e Joe White. Il mixaggio è stato curato da Scott Horscroft (Silverchair) e le atmosfere leggermente più cinematiche, come va di moda adesso.