Spulciando su internet potete leggere tranquillamente alcune dichiarazioni del cantante / chitarrista degli American Jetset, al secolo Ian Kaine McGregor, che, per presentare il nuovo album della sua band, ha sottolineato come al suo interno vi siano influenze dei Ratt, Dokken e White Lion. Insomma, sono stati menzionati tre nomi non da poco dell’hard rock a stelle e strisce degli anni 80 che ancora raccolgono proseliti e favori da parte della critica. Con queste premesse importanti, vi è stato l’approccio con “Cat’s Got Your Tongue”, terzo lavoro della band d’oltreoceano che, dopo vari ascolti, rimane una parziale delusione. Probabilmente i paragoni con i succitati nomi si riescono ad avere nella somiglianza della voce di McGregor con l’ugola, ormai andata, di Stephen Pearcy dei Ratt e con certi riff chitarristici che non possono non mandare indietro con la mente a quelli creati ad arte dal famoso duo formato proprio da De Martini e Crosby. “Tokyo Radio”, ad esempio, è un classico ballatone tipico alla Ratt, ma manca di un elemento imprescindibile che possiamo anche legare ai Dokken e in parte ai White Lion: la carica. Le canzoni di tutto questo disco sono suonate benissimo, vengono rese al meglio dalla produzione, hanno anche la capacità di avere doti che in origine si stentano a riconoscere, ma sono prive di quel mordente, quel fuoco e quella rabbia che era tipica delle band di Los Angeles degli anni d’oro. Un gruppo, tutto sommato, giovane come gli American Jetset dovrebbe bruciare di forza, spaccare e mostrare i muscoli per suonare un genere che aveva questi requisiti e chi qui stentano ad apparire. Per fare un raffronto, andate a prendere un qualsiasi disco dei Motley Crue, dei Ratt o degli stessi Dokken e mettete a confronto l’intensità delle summenzionate band con quella posta in essere da McGregor e soci in questo platter. Vi renderete conto che i maestri, anche da fermi, impartiscono lezioni senza precedenti alle nuove generazioni. Purtroppo, aggiungiamo noi.