Quando ho ricevuto il pacchetto di Ammonia Records col nuovo cd dei piemontesi non ho potuto che tradire una certa commozione. Questo perché non parliamo di una band qualunque o di un periodo storico qualunque. Chi ha vissuto gli anni ‘90, ha assorbito totalmente la lezione impartita dai musicisti dell’epoca e ha dato al demo ‘Unwelcome 1998’ ed al disco ‘Independent Worm Songs’ l’importanza che meritavano. Quello che è avvenuto dopo fa parte della storia personale di ognuno di noi e ritrovare adesso gli Unwelcome a questi livelli è magnifico. Prima il singolo ‘Colors Of War’, a supporto di Black Lives Matter, e poi l’uscita di ‘The Dobermann’ e ‘Drive’, originale cover dei R.E.M., hanno acceso l’attesa della release in questione, impreziosita dalla veste grafica di Valerio Berruti, che segue di circa due anni ‘The Swedish Files’. Andrea e Maxim sono da subito in grande spolvero e pezzi come ‘Thisisus’, ‘Sick&Destroy’ e ‘Judah Knows’ sono in linea con l’attitudine sperimentale e irriverente della band. L’apice in scaletta è forse ‘Freejazzpunkblahblah’, ibrido tra jazz, noise e alternative rock che si pianta in testa per non lasciarla più, ma tutto il disco, prodotto in maniera organica e live oriented, ha un’anima definita e conferma la bravura di questi “ragazzi” che hanno saputo battersi con valore in una scena underground precaria e limitante come la nostra. Perchè sapere contaminare è un’arte e non si acquista in rete.