Dalla serie “guarda un po' chi si rivede”, ecco che compaiono nuovamente sulle scene i gallesi Dub War, capitanati dall’istrionico Benji Webbe, già leader degli ottimi Skindred. Dopo un inizio carriera scintillante, alla fine degli anni novanta questo quartetto aveva deciso di fermare una corsa che sembrava molto promettente, grazie ad un crossover di qualità, che era pervaso ed intriso di elementi elettronici, punk e reggae. Rivederli ora, con una serie di batteristi come Mike Bordin e Roy Mayorga quali ospiti illustri, fa intendere quanto buona fosse la loro proposta che viene consolidata fortemente con questo rientro in grande stile, pieno di ottime canzoni che riconciliano con la buona musica. La potenza e il gusto per la melodia non sono andati in soffitta: basta ascoltare pezzi come “Bite Back”, “War Inna Babylon” e “Crying Clowns”, tanto per estrarre qualche carta dal mazzo, per capire quanta qualità sia ancora presente nelle corde dei britannici. L’amore per il reggae, da sempre fonte di ispirazione per Benji, compare soprattutto verso la fine, grazie a una perla molto sognante come l’ottima “Stay Together” che sarebbe stata un singolo perfetto se fosse uscita in un altro periodo storico. Ci sono anche variazioni sul tema abituale (il crossover) che i nostri conoscono ancora molto bene: ad esempio, i Dub War hanno provato ad addentrarsi in territori tipici del new metal, cercando di essere al passo con i tempi e si potrebbe dire che l’esperimento “Coffin Lid” abbia funzionato bene. L’amore per l’elettronica si avverte tanto nell’ipnotica “Vibes In The Place”, mentre ci sono omaggi anche ai Beatles: “Reveal It” potrebbe essere tranquillamente la continuazione di “Tomorrow Never Knows”, uno dei brani più psichedelici dell’intera discografia degli scarafaggi. Alla fine di tutto, si può tranquillamente affermare che questo come back, sia assolutamente sincero, veritiero e degno di nota: in poche parole, il voto è otto pieno. Senza sé e senza ma.