Sono passati ben quattordici anni da quando i King’s X hanno smesso di realizzare musica insieme. Un tempo infinito, lunghissimo che, però, va letto nella giusta maniera. I tre membri della band, tra drammi personali, crisi e pandemia, sono stati sempre attivi. Dug Pinnick ha dato origine a numerosissimi progetti, oltre che a una serie di dischi solisti più che soddisfacenti, così come Ty Tabor. Il batterista Jerry Gaskill, nonostante i problemi al cuore, ha fatto il suo e tutto questo ha lasciato sempre accesa la luce sul mondo King’s X, con la band che ha, comunque, suonato dal vivo soprattutto in America quando l’occasione le si è materializzata davanti. Quando sembrava tutto perso, ecco che il trio ha deciso di regalare ai propri fan un nuovo disco, perché un conto è ascoltare i tanti side projects, un altro, invece, è vedere Pinnick-Tabor-Gaskill nuovamente insieme a produrre musica inedita. Il titolo della loro fatica, “Three Sides Of One”, deve essere interpretato con molta attenzione, perché è esplicito di quello che poi si ascolterà all’interno di questo album. In pratica, ognuno di loro ha portato delle canzoni da casa (Pinnick ne ha consegnate oltre venticinque e molte saranno, probabilmente, usate per un sequel di “Three Sides Of One”) e le ha proposte agli altri che hanno deciso di suonarle, scartando ciò che non sembrava essere all’altezza del blasone del gruppo più sottovalutato della storia della musica. Alla fine quello che ne è venuto fuori è un lavoro singolo, ma a nome della band. Cerchiamo di spiegarci meglio. Ogni canzone presente qui dentro è tipica dello stile di chi l’ha scritta e sarebbe stata perfetta per i dischi solisti dei componenti della band. In pratica, questo non è un lavoro di squadra, così come ci era capitato di tastare nel corso della loro inimitabile carriera. Lo si capisce ancora di più per la mancanza di quelle armonie vocali che solo loro e i Beatles sono stati capaci di realizzare. I cori sono rarefatti e gli intrecci tra le voci mancano in modo palese. Nonostante tutto questo, la bontà delle canzoni non può essere discussa. Ci sono, almeno, sei brani che valgono da sole l’acquisto del titolo. Dall’opener dark “Let It Rain”, passando per “Watcher” (scritta da un ispiratissimo Tabor), sino a “Festival” e alla splendida “Swipe Up” ci si rende conto come il talento di questi tre signori sia ancora cristallino e purissimo. Le chitarre sono pesanti, il basso di Pinnick è un martello pneumatico ed il groove di Gaskill, come al solito, non si fa pregare. Tutto molto bello, tutto in linea con la tradizione sonora dei King’s X, ma resta il rammarico di un disco formato da composizioni soliste, ma che porta il nome della band. In pratica i tre hanno agito per i fatti loro, dimenticandosi del gioco di squadra che da sempre li ha contraddistinti. Ad ogni modo è sempre musica di qualità e per questo merita il rispetto di chiunque.