Spesso le fidanzate ti dicono che hanno bisogno di leggerezza quando vogliono disimpegnarsi o preferiscono non celare un nuovo amore alle porte. A volte succede anche con la musica, che un gruppo desideri sperimentare qualcosa di diverso oppure che non sopporti più la pressione che inevitabilmente apparati mediatici, etichette discografiche e pubblico causano quando si è in gamba. A distanza di quattro anni dall’eccellente ‘Whoosh’, gli australiani si sono sforzati di dimenticare tutto quanto accaduto in passato, cercando di trovare l’ibrido perfetto tra Tame Impala e The Strokes, tra il jangle-pop e l’indie rock che riempe le classifiche oltreoceano. Il risultato è un disco molto suonato e ricco di dettagli, pop quando c’è da essere pop (‘Butchering The Punchline’ e ‘The Bell’) e rock quando c’è da far vibrare le membra di chi si pone all’ascolto (‘Up To My Elbows’). Un disco che consiglio a tutti di avere in vinile per godere di un suono, al quale ha contribuito John Lee dei Phaedra Studios di Melbourne operando un mixaggio intelligente, stellare eppure lo-fi e quasi punk. A tratti la leggerezza invocata dai The Stroppies appare oscura, dark, violenta e pezzi come ‘The Perfect Crime’, maledettamente anni sessanta, ‘Material Condition’ e ‘Tricks On Everything’, entrambi molto brit, danno la misura del valore dei ragazzi.