Mi chiedo se i Verdena si rendano conto di aver pubblicato il disco della vita. Perchè anche se in rete si legge che hanno atteso sette anni prima di tornare nei negozi, in realtà ‘Volevo Magia’ è un album che scava molto più a fondo. Per ascoltarlo ho dovuto compiere un salto a ritroso nel tempo, scoprire di nuovo tutto ciò che mi ha legata a questa band fantastica e innamorarmi da capo delle loro poesie. Il titolo è magnifico, sebbene un po’ amaro, ma il ‘Cielo Super Acceso’ riconcilia con la propria vita, con le esperienze, i bambini, il lavoro, le difficoltà di tutti i giorni. ‘Endkadenz’ è stato un grande esperimento, ripreso in parte nella colonna sonora di ‘America Latina’, però questi sono i Verdena che amiamo di più. Quelli di ‘Wow’, lavoro con il quale sento tanti collegamenti, e quelli che, a tratti ingenuamente, si sono affacciati nell’industria musicale e hanno colpito a freddo la scena indipendente italiana. Mentre mi accingevo a scrivere questa recensione ho letto un’intervista in cui Alberto Ferrari ha dichiarato di non sapere chi ascolterà la sua musica. In effetti il pubblico è mutato parecchio, si sente parlare tanto di televisione e poco di concerti, i servizi streaming hanno soppiantato i prodotti fisici e la leggerezza è diventata una regola e non un gioco per adulti. I primi tre pezzi sono semplicemente incredibili e soprattutto ‘Chaise Longue’ e ‘Pascolare’ settano gli standard dell’intero ascolto. ‘Crystal Ball’ e la title track (“Assaggio il mondo, ma è sperma di lei. Volevo magia..”) pestano duro trasmettono una voglia matta di tornare a vederli dal vivo mentre ‘Paladini’ cita ‘Requiem’ con alcuni versi di rara bellezza. Una segnalazione a parte la merita la produzione. Per quanto possa amare i Verdena, non ascoltavo un disco prodotto così bene in Italia da anni. Le chitarre ti tagliano dentro, la voce scuote e ogni singolo strumento emerge in tutta la sua organicità alla faccia delle produzioni fredde che vanno di moda in questo periodo. Ne avevo un disperato bisogno.