Esaltato dall’oscena sacralità mostrata in uno dei migliori esordi di elettronica degli ultimi anni, mi sono approcciato al secondo lavoro dell’artista di origini campane in maniera non dissimile da quella che il Gruppo di Nun ha usato per comporre il magnifico ‘Demonologia Rivoluzionaria’. Il primo impatto è stato con una produzione evoluta e contaminata da influenze molto varie, a conferma che ci sono musicisti italiani che non si limitano a copiare i successi esteri, e il beat selvaggio di ‘Anesthetize’ non nasconde certo il desiderio di far dimenare più corpi possibili. In realtà, analizzando i testi e svelando alcune sfumature degli arrangiamenti, col passare dei minuti ho scoperto una serie di confessioni, quasi come se ‘Dyonisus’ non fosse soltanto il risultato di un insopprimibile impulso ad esporsi. Sonorità trip-hop e garage, tra sussurri sensuali e sensi alterati, accompagnano infatti nove rituali nei quali Anna Soareas si mette a nudo e permette all’ascoltatore di fare lo stesso. Le connessioni con la comunità BDSM vanno di pari passo ad una percezione dell’alienazione diametralmente opposta da quella che ci viene proposta dai media e una voce sempre più nera e profonda detta i ritmi marziali di un’espressione a tratti molto violenta (‘Sex Monster’) ed in altri frangenti più subliminale e se vogliamo dolorosa (‘Hypnodoll’). ‘Ahegao’ traccia un legame con l’universo hentai ed il rapper Dorian Nox appare in ‘Venus In Aquarius’, a dimostrazione che non c’è chiusura a livello di generi. Il jazz torna protagonista in ‘Spleen & Ideal’ e, quando ‘Ritual’ chiude le danze, nell’immaginario creato da ‘Dyonisus’ resta qualcosa di sospeso e difficile da catalogare. Di sicuro il Reverendo William Cooper avrebbe trovato le parole giuste per evitare di soffermarsi troppo in tale limbo, ma io preferisco starci, godere di nuovo di tanto talento e riflettere su come aggiornare la mia fetish list.