Il nuovo disco degli austriaci inizia come un disco di neo-classica, con le delicate note di un pianoforte ed un’atmosfera soffusa. Con il passare dei minuti vengono aggiunti elementi distintivi del loro sound come un arpeggio di chitarra post-rock e una batteria tribale alla Ordo Rosario Equilibrio. Scorre ancora il brano e si passa da retaggi industriali a influenze gotiche con la voce che si fa marcia e harsh. Un’introduzione spettacolare per un quinto lavoro in studio che in chiusura può contare sui remix di eccezione come quelli di Lustmord (Current 93, Nurse With Wound, Karin Park..) e Jarboe (Swans). A sorprendere rispetto al passato sono sia le scelte in fase di arrangiamento, sicuramente più coraggiose e meno rigorose rispetto a tante uscite convenzionali di questo periodo, sia i suoni che sono stati elaborati assieme a Alexandr Vatagin (Kronos Quartett, Giulio Aldinucci), Gerhard “G.D. Luxxe” Potuznik (Zeebe, The Happy Sun), Alexander Lausch (Die Buben Im Pelz, Paul Plut) e Tobias Wöhrer (Leyya, Nnella). Un team sostanzioso grazie al quale è stato possibile differenziare in misura maggiore il materiale, accrescendo per esempio il peso specifico delle tastiere in un mero confronto con ‘Phase IV’, e avere a disposizione tracce come ‘Severance’ o ‘What Rests Mute In Bright Corners’, che rappresentano due tra gli apici assoluti in carriera. Adesso ci troviamo al cospetto di una band in grado di permettersi di tutto dal vivo ovvero di giocare con i synth e sfiorare la dark ambient, di imporsi come una delle realtà più interessanti nel panorama post-rock europeo ed allo stesso tempo di sollecitare gli istinti più perversi e animali di chi ascolta musica industriale.