I polacchi non hanno certo bisogno di scoprire una propria identità sonora. Sono anni che dominano la scena progressive internazionale, mantenendo un legame con la comunità metal ma non avendo mai paura di misurarsi con territori sonori differenti, e che rappresentano un punto di riferimento assoluto per gli appassionati e per le altre formazioni che ambiscono ad un posto di rilievo nella scena. Nel corso degli anni l’approccio compositivo di Mariusz Duda ha finito inevitabilmente per contaminarsi, prima per il desiderio di espandersi in territori rock e elettronici e poi come inevitabile riflesso del percorso intrapreso con Lunatic Soul. Quello che era nato come un mero progetto personale o comunque uno sfogo sperimentale, si è trasformato in qualcosa di molto di più e dischi come ‘Under Fragmented Sky’ e ‘Through Shaded Woods’ hanno ricevuto consensi su larga scala. Il rapporto tra la costante evoluzione sonora e la denuncia di un mondo in cui le relazioni sociali sembrano compromesse in maniera definitiva è alla base di questo nuovo studio album, registrato sotto la supervisione di Paweł Marciniak e illustrato da Jarek Kubicki, che si propone come una ideale via di mezzo tra ‘Rapid Eye Movement’ e ‘Wasteland’ con arrangiamenti sempre più eclettici. Alcuni passaggi appaiono decisamente metal, col basso del leader in risalto, ma spesso e volentieri i polacchi si muovono in ambito progressive rock, raggiungendo un eccellente equilibrio tra profondità dei testi, atmosfere cinematiche e tecnica individuale. Oltre a sapere sperimentare, sanno scrivere grandi canzoni e non hanno timore di misurarsi con la modernità ed i riff ossessivi di ‘Post-Truth’ o le distorsioni di ‘The Place Where I Belong’, che inizia come una ballata dei Led Zeppelin e poi sfocia in un omaggio alla dimensione più oscura degli anni ‘70, trovano spazio accanto alle catarsi melodiche di ‘Landmine Blast’ o ‘I’m Done With You’. Un lavoro magnifico, intenso e difficile da assorbire, complesso ed intricato ma allo stesso tempo capace di tracciare una linea di continuità con le pubblicazioni più commerciali del gruppo. Un lavoro malinconico, ma ricco di aperture armoniche radiofoniche, caratterizzato da un largo uso dei sintetizzatori e da un songwriting adulto e letale. In grado di attrarre gli amanti di Porcupine Tree e Rush (‘Friend or Foe?’) così come i seguaci di almeno un paio di generazioni di realtà post rock.