A distanza, oramai, di tanti anni, rimane difficile capire la validità del progetto Last In Line. Puro divertimento o band vera e propria? Probabilmente la risposta, come spesso accade in casi come questi, sta nel mezzo e ciò lascia sempre chi ascolta o si approccia alla band con qualche dubbio. Il nuovo album “Jericho” è un lavoro suonato splendidamente da quattro musicisti ed esperti come Phil Soussan (ex Ozzy Osbourne), Vivian Campbell (Def Leppard, ex Whitesnake), Vinny Appice (ex Black Sabbath) e Andrew Freeman che dimostrano, casomai ve ne fosse ancora bisogno, di quanto talento siano stati dotati da madre natura. Il problema, però, è alla base e si dipana, sostanzialmente, su due punti. Da una parte questa formazione, anche in considerazione del nome che porta, riconduce alla figura di Ronnie James Dio, ma manca di quell’epicità tipica dell’ex Black Sabbath che il buon Freeman non può, purtroppo per lui, avere. Questo, però, sarebbe il problema meno importante se alla base vi fossero canzoni in grado di sostentarsi da sole. Qui il discorso si fa decisamente più complesso. Ci sono momenti in cui la band dimostra una scrittura invidiabile, vedi l’opener “Not Today Satan”, la conclusiva “House Party At The End Of The World” e la cupa “Dark Days”, con quest’ultima che è dotata di un ritornello molto efficace. Per il resto, sebbene ci sia un Campbell totalmente ispirato per suoni e tocco, si viaggia nell’ambito di un anonimato poco consono al valore dei singoli componenti di questo supergruppo che pare accontentarsi dello svolgimento di un compitino, alla stregua di quegli studenti molto intelligenti che raggiungono la sufficienza stiracchiata, ma che non si applicano. Non possiamo dire che i Last In Line siano rimandati a settembre, perché sarebbe ingiusto e disonesto intellettualmente, ma rimane l’impressione che da gente come loro ci saremmo attesi qualcosa di più epocale. Sarà per la prossima volta.