Il titolo del settimo full lenght della progressive metal band statunitense si riallaccia alla polemica sulla validità o meno di un termine come djent e su tutto quello che ha comportato, sia in termini positivi che negativi, la sua diffusione in rete. Quello che è certo è che i Periphery sono tornati con uno dei loro lavori più heavy di sempre e soprattutto che hanno ascoltato i richiami sperimentali provenienti sia dagli States (l’apocalittica ‘Dracul Gras’ potrebbe essere una traccia dei Darko) che dal Nord Europa (Vildhjarta). In scaletta si passa dalla melodia radiofonica di ‘Silhouette’ all’omaggio al videogioco Hades di ‘Zagreus’, da escursioni nel metalcore ad altre nel jazz, tra l’altro col contributo del sax di Jørgen Munkeby degli Shining. Inutile dire che il guitar work di Misha Mansoor è pazzesco, il riff di ‘Wildfire’ è puro fuoco e le dinamiche di pezzi come ‘Wax Wings’ e ‘Everything Is Fine!’ sono perfette per esaltare la voce di Spencer Sotelo. Il lungo processo non ha inficiato la compattezza del materiale, anzi si percepisce un notevole lavoro di asciugatura del materiale. In definitiva, il successore di ‘Periphery IV: Hail Stan’ non è il disco straordinariamente innovativo che su Discord si aspettavano in tanti, ma senza dubbio possiede le caratteristiche necessarie per allargare ulteriormente la fanbase di questa realtà sonora trasversale che in pochi sanno descrivere nei dettagli. Combattete per fuggire dagli inferi.