Quando ho ascoltato per la prima volta ‘Sinners’ ho subito pensato che fosse il disco che mancava. Il disco che mancava alla discografia di Max Zanotti, attivo con Deasonika, Casablanca e Alteria (di cui ha prodotto lo splendido ‘Vita Imperfetta’), oltre che autore di notevoli prove soliste, ma soprattutto il disco che mancava alla scena rock italiana. Quante volte abbiamo tracciato paragoni tra i nostri gruppi e quelli che dominano le classifiche, sottolineando le loro qualità così come l’incapacità di misurarsi alle medesime vette. Non è un discorso di doti e neppure di confini. É un discorso di limiti e precarietà, che si può mettere in discussione solo con il talento e la professionalità. Steve Lyon, che ricordiamo con i Depeche Mode per due capolavori assoluti come ‘Violator’ e ‘Songs Of Faith And Devotion’, ma anche con Recoil, The Cure ed i Paradise Lost di ‘Host, ha donato un profilo internazionale ad una manciata di canzoni velenose in grado di trasmettere le emozioni, il calore, il sudore della musica dal vivo. Quel palco in cui il frontman sa sempre dare il meglio di sé, come ha dimostrato nei tour promozionali di ‘Il Lato Oscuro’ e ‘A Un Passo’. Al suo fianco troviamo l’ex Movida Ivan Lodini, Francesco Tumminelli, anche lui con un passato nei Deasonika, e Alessandro Ducoli per una line-up dinamica, potente, cresciuta con i vecchi valori ma allo stesso tempo tecnica quanto serve per potere sperimentare con la leggerezza dei grandi. La memoria torna alla seconda metà degli anni ‘90 e l’ibrido tra rock duro, dark e new wave viene alimentato con una spettacolare grana di chitarra, bassi pulsanti e arrangiamenti mai banali. L’approccio compositivo è adulto e ogni traccia sembra il risultato di un profondo processo di destrutturazione o comunque riduzione a quell’essenzialità che alla musica di oggi purtroppo manca. La title track e Valerine sono due gemme incastonate in una scaletta bilanciata in maniera perfetta tra stacchi ritmici ruvidi, soluzioni melodiche epiche e passaggi ambientali raffinati. Al suo interno troverete anche una versione cupa di ‘Human’ di Rag’n Bone Man e ‘Free To Ride Hell’, impreziosita dalla collaborazione con la cantautrice statunitense Shelly Bonet. Il cantato in lingua inglese, non certo una scelta semplice da seguire, eleva poi ‘Sinners’ al livello dei migliori rock album usciti quest’anno ed il fatto che non provenga da mercati consolidati come quello anglosassone o quello americano non inficia affatto la sua efficacia. É pensato come un viaggio, un viaggio gotico e libero, nel quale l’ascoltatore è seduto accanto ad un cantante capace di far provare sensazioni uniche. ‘Over The Mountain’ e ‘Payback’ sono gli altri apici tra storie di coraggio, eccessi e follia, storie di fragilità e ruoli scambiati, narrazioni durante le quali il sipario potrebbe calare in qualsiasi momento.