Il gruppo milanese, che affonda le proprie radici nel rap ma si apre a contaminazioni col jazz, l’elettronica e la musica progressive, ha compiuto progressi enormi a partire dalle prime registrazioni, concentrate poi nell’omonimo esordio di due anni fa. La produzione artistica a cura di Tommaso Colliva (Calibro 35, Manuel Agnelli) ha contribuito a rendere più internazionale la proposta e l’intervento di una serie smisurata di ospiti mantiene elevata la tensione e spinge il materiale su territori ancora più vasti rispetto al passato, un po’ come accade nelle release mainstream hip hop americane. Tra questi spiccano Ghemon (‘Sull’Amore e Altre Oscure Questioni’), Danno dei Colle Der Fomento (‘Marionette’), Paolo Fresu (‘Illusioni e Astrattismi’) ed una strepitosa Laila Al Habas (‘Origami’). Alcuni passaggi dell’album, presentato con l’opera d’arte di Roberta Michelazzo in copertina, sono di crossover puro, molto anni ‘90 a livello di concezione, e l’immagine del deserto, indicato col titolo, descrive bene uno spazio senza fine nel quale è possibile sperimentare pur facendo musica in grado di vendere. Anche i testi di Carma sono cresciuti e la sensazione è che dal vivo ‘WadiruM’ possa essere dilatato e rivisto in maniera sorprendente. Un album che suona come un live, a dispetto di una pulizia sonora impeccabile. Un album che sa poco d’italiano, nonostante i ritornelli in lingua madre, e che proprio per questo ci piace tanto. “...La morte ti dà un limite e la vita ti chiede di non considerarlo. E in tutto questo trambusto, la musica ci libera E passiamo dall'essere schiavi assoggettati di noi stessi
A divenire il vento che soffia sonante e si scinde in respiri che nuovamente formeranno altri suoni.
E ciò che deriva è meraviglia.”