Il ritorno degli inglesi è profondamente oscuro. É evidente, fin dalle prime battute, che in questo disco Justin K. Broadrick ha messo molto del suo. Non che in passato non fosse già successo, ma ‘Purge’ è il riflesso di un mondo interiore messo in discussione e posto in aperto contrasto col rigore industriale. L’esperienza di ‘Post Self’ è servita per accumulare nuovo credito, come se ce ne fosse bisogno, e dare inizio ad una nuova era, accompagnata da una ulteriore evoluzione del progetto parallelo Jesu, e annientare la concorrenza. Assieme a G.C. Green, anche nei Fall Of Because e nei Final, il leader alterna ritmiche claustrofobiche, rituali perversi e solenni elegie che rispondono ai nomi di ‘Nero’, ‘Lazarus Leper’ o ‘Permission’. Le tracce più importanti sono però in conclusione. La prima è ‘Mythology Of Self’, che riassume un po’ tutta la visione dietro al lavoro e vede Broadrick guardarsi allo specchio per quasi cinque minuti. La seconda è la cinica ‘You Are The Judge, The Jury, And The Executioner’ e sembra tratteggiare un’accurata fisionomia del pubblico che lo ha seguito fin dalla fine degli anni ottanta. Un punto di riferimento assoluto per la scena, che non accenna al minimo calo di ispirazione.