A distanza di tre anni da ‘Enlightened in Eternity’, il gruppo heavy-doom texano concede alle stampe un album che rischia seriamente di diventare un punto di riferimento per tutta la scena classic metal e che di fatto si collega in maniera importante col debutto ‘Chained To Oblivion’, edito nel 2016 da Prosthetic Records. Scorrendo le otto tracce in questione, si percepisce l’evoluzione tecnico-compositiva di Nate Garrett e soci, ma allo stesso tempo sembra sul serio che ‘Ghost At The Gallows’, immesso sul mercato con la cupa copertina di Jeremy Hush, sia il secondo full lenght in carriera e non il quinto. Di sicuro il materiale risponde alle esigenze ed alla visione del leader, che ha dovuto trovare dei nuovi musicisti con cui collaborare. Alla batteria è stato chiamato Mike Arellano (M.O.D., Will To Live, Disfigured..) e per completare la sezione ritmica è stato scelto Sonny DeCarlo (Goya). Come chitarrista invece Garret ha puntato su Tom Draper, ex-ascia dei Savage Messiah che ricordiamo dal vivo pure con Carcass e Angel Witch. Le sessioni di registrazione si sono svolte tra un tour con i Crowbar ed un altro con i Corrosion Of Conformity, il mixaggio è stato curato da Zeuss (Hatebreed, Revocation) ed i brani, quanto mai duri e coerenti, descrivono in maniera cinica quella sensazione che si prova quando la vita ci pone davanti a quesiti esistenziali e cresce in noi la percezione di stare sprecando il nostro tempo sulla terra. ‘Barn Burner’ è l’emblema di un sound che non ha più confini e ‘Hanged Man’s Revenge’ e ‘I Shall Return’ sono gli altri apici di una scaletta terremotante e che chiede, anzi implora, di essere suonata dal vivo.