A distanza di due anni da ‘Global Suicide’, i norvegesi sfoderano un debutto su lunga distanza da brividi, che conferma tutte le buone parole spese sul loro conto in passato. Non c’eravamo affatto sbagliati. Non solo l’ibrido tra metalcore, post-hardcore e alternative rock del combo è capace di far saltare per aria intere arene o mettere a fuoco e fiamme i locali fumosi dove si fa ancora grande musica underground, ma Jonas Wesetrud Hansen, che ha perfino prodotto il materiale, si rivela un frontman eccezionale. Una serie di riff giganteschi, non necessariamente ispirati alla scena scandinava o europea, fanno da contorno a stacchi melodici letali, breakdown spettacolari e passaggi elettronici, che potrebbe attrarre anche un pubblico diverso da quello abituale. A dispetto di un profilo estremamente catchy, e talvolta pure pop, i Fixation sanno trasmettere un’energia fuori dall’ordinario, tanto che in molti li hanno paragonati ai Bring Me The Horizon. Nei testi vengono affrontati temi come la salute mentale, la crisi climatica e la critica sociale, offrendo un viaggio stimolante che richiede attenzione. ‘Impeding Fallout’ e ‘More Alive’ inaugurano una scaletta priva di filler, ben bilanciata tra spunti moderni e qualche retaggio del passato e costruita su numerosi potenziali singoli in grado di distinguersi nelle playlist di settore, che ormai dominano il mercato. Fossi in loro mi trasferirei subito negli Stati Uniti, anche se il mercato di oggi, vista la crisi imperante e la diffusione di notizie in rete, non ha più movimenti troppo definiti dal punto di vista geografico. In ogni caso non vediamo l’ora di averli in tour da queste parti, con la consapevolezza che pezzi micidiali come ‘Flat Earth’, ‘Ignore The Disarray’ e ‘Dystopia’ non mancheranno di mietere vittime sotto palco.