Chi non conosce Jeff Rosenstock può farsi un giro tranquillamente su Wikipedia. Può anche comprarsi dei popcorn e una birra e leggere tutti i gruppi e le collaborazioni che il musicista americano ha maturato nel corso degli anni. La quantità di dischi in cui ha suonato è incredibilmente chilometrica e questo fa capire quanto egli (che tra l’altro, è un polistrumentista bravissimo, visto che suona ogni cosa gli capiti a tiro) sia stimato soprattutto all’interno dell’ambiente punk dove è una sorta di vera istituzione. “Hellmode”, quinto lavoro della sua carriera solista, ha sonorità tipicamente del genere, anche se a volte sembra di ascoltare un qualcosa che è un ibrido tra i Fugazi prima maniera e i Clash. Ci si trova a navigare in un campo molto ostico, come dimostra la potente “Head” che non fa sconti a nessuno. Anche quando si scende nello Ska (altro amore di Rosenstock) le cose non cambiano di molto, sebbene “Liked U Better” sappia molto di Rancid prima maniera e, dunque, abbia un’attitudine che può definirsi orecchiabile. “Doubt”, con un intro quasi alla Blink 182, è un momento di solitaria stasi dove si abbassano i toni, in attesa che essi riesplodano nuovamente nella scoppiettante “Future Is Dumb” che sarebbe stata calzante se fosse uscita tra il 1994-1996. A volte si sfocia nel low-fi come dimostrano la cadenzata “Soft Living” (Pavement quanto siete stati fondamentali) e l’opener “Will U Still U”, che danno un’idea delle numerose sfaccettature di cui è in possesso Rosenstock che, poi, va anche a toccare il cantautorato più minimale con “Healmode”. La dimensione acustica rimane impressa ancora di più con “Graveyard Song”, mentre “3 Summers”, con i suoi sette minuti di musica, è una bella cavalcata chitarristica che chiude un album che necessita di svariati ascolti per poter essere capito appieno.