Quando nel 2011 videro la luce i Kill Devil Hill, tutte le attenzioni della stampa specializzata e dei metallari di ogni angolo del pianeta furono, chiaramente, rivolte verso due monumenti intoccabili come Rex Brown (Pantera) e Vinnie Appice (Dio e Black Sabbath) che avevano dato inizio a questo progetto. Oggi, nell’anno 2023, Appice e Brown non ci sono più e il quartetto americano è costituito da musicisti, comunque, esperti quali il batterista Johnny Kelly (Type O Negative), il chitarrista Mark Zavon, il cantante Dewey Bragg e l’ex Five Finger Death Punch Matt Snell al basso. Quella che in principio doveva essere la giusta fusione tra il metal classico e l’evoluzione della scena moderna del genere, si è trasformata in una specie di omaggio alle sonorità proposte da gente tipo Alter Bridge, Soen e Tool. In questo contesto, poi, si è venuta ad incastonare la pesantissima influenza degli Alice In Chains che domina incontrastata per tutta la durata del platter insieme a quella degli immancabili Black Sabbath. Ad ogni modo, l’album si fa ascoltare ed è decisamente gradevole, perché le canzoni hanno un tiro molto forte, a partire dall’accoppiata incisiva formata da “Blood In The Water” e “Before The Devil Knows” che ha al suo interno aperture melodiche notevoli. Ci sono anche riferimenti al new metal che non possono mancare come dimostra il cantato in growl di “You Can’t Kill Me California”. Altro tratto interessante sono le ballate di puro stampo post grunge (“From The Ashes”) o che si rifanno a “Planet Caravan” dei Black Sabbath (“Solitude”). Quando, poi, si cerca la via facile del brano orecchiabile e da mandare alle radio, viene fuori qualcosa di carino come la solare “Undertow”. In qualche caso, poi, si rischia anche di sfociare in una specie di plagio come dimostra “Darkest Days” che ricorda molto da vicino nella sua andatura granitica “Creatures Of The Night” dei Kiss. Per il resto tra una citazione degli Alice in Chains di “Dirt” (Playing With The Fire”) ed un’altra dell’immenso Jerry Cantrell di “Degradation Trip” (“Pharmaceutical Sunshine”) il lavoro scorre via in modo molto arioso, nonostante una lunghezza di base che potrebbe portare a dei filler che, sinceramente, mancano all’appello. Del resto, se i Kill Devil Hill scrivono riff assassini come quelli presenti nella titletrack (Iommi se ci sei batti un colpo!), in “Devil And The Deep Blue Sea” e in “Stranger Than Fiction” si può essere soddisfatti senza sé e senza ma.