Tra le poche certezze del mondo del rock, inteso nel senso più tradizionale e puro del termine, ci sono sicuramente i Rival Sons che quest’anno si sono sbizzarriti a dare alla luce ben due album, ovvero “Darkfighter” messo sul mercato in primavera e questo “Lightbringer”, uscito in tutto il mondo il 21 ottobre 2023. Sulla bravura della band californiana, ormai, c’è poco da dire, visto che già è stato tutto scritto dai critici e dalla stampa specializzata, anche se il modo migliore per capirli è osservarli in sede live dove propinano spettacoli semplicemente clamorosi. Con questo nuovo disco, formato da sole sei canzoni, i cinque si addentrano anche in territori mai calpestati in precedenza, come dimostra l’opener “Darkfighter”, una sorta di suite psichedelica, in cui si manifestano tanti cambi di atmosfera. Si passa da momenti acustici ad altri prettamente rock, come se si volesse passare in rassegna quanto di buon fatto negli anni settanta. Non è un pezzo facile, ma si rivela decisamente coraggioso per un gruppo che si può chiaramente definire mainstream. La successiva “Mercy” riporta la chiesa al centro del villaggio, visto che è il classico singolo perfetto dei Rival Sons con quel suono di chitarra che solo loro posseggono al mondo e con un ritornello che ti si mette in testa e non esce più. La voce di Jay Buchanan è tra le più belle che si possano ricordare da almeno trent’anni a questa parte e la sua prestazione si rivela, ancora una volta, da incorniciare. Con “Redemption” le atmosfere diventano più calme. È una ballad semiacustica che all’inizio non convince, ma che, invece, con il passare degli ascolti cresce sempre di più. La seconda parte del platter non si discosta dalla prima. “Sweet Life” è un buon episodio rock dove tutto funziona a dovere, mentre “Before The Fire” potrebbe essere la “Thank You” del nuovo secolo, vuoi per quella introduzione molto alla Jimmy Page e vuoi per il suo sviluppo rockeggiante che si dipana nel corso dei seguenti sei minuti. È inutile dire che questa è la vera perla di “Lightbringer” che si conclude con la minimale “Mosaic” che, probabilmente, è la traccia meno riuscita, ma che si attesta sul 6,5 tanto per capire il livello di questa nuova opera dei Rival Sons. Se il rock è ancora vivo, vegeto e avente buona salute, lo si deve a gente come loro che, nonostante il passare degli anni, non ha perso il sacro fuoco dell’ispirazione e della voglia di osare, pur rimanendo fedele ai classici del passato.