Ha ancora senso parlare di un nuovo disco dei Rolling Stones nel 2023? In teoria qualcuno potrebbe dire che era qualcosa di cui non se ne sentiva il bisogno, ma poi, fortunatamente, la pratica ha smentito tutto, perché “Hackney Diamonds” è un lavoro che, in un colpo solo, cancella tutta la loro produzione uscita dai primi anni ottanta ad oggi. Andiamo con ordine, visto che la band, nel corso del quinquennio, ha dovuto sopportare di tutto, a partire dalla morte di un membro storico come Charlie Watts che in questo album, comunque, compare in due brani come “Mess It Up” e “Live By The Sword”, con quest’ultimo che vede la partecipazione anche del mitico Bill Wyman al basso, oltre che di Elton John al piano. La prima delle due canzoni è una sorta di funky molto legato alla produzione che li vide protagonisti a cavallo tra i settanta e gli ottanta, mentre la seconda è un blues riletto in chiave moderna che non poteva non essere suonato dalla line up storica del dopo Mick Taylor. Le ospitate sono un tema quasi fondamentale, perché risultano essere di rilievo. Non può passare sotto traccia la presenza di Paul MCcartney nella furiosa “Bite My Head Off”, con tanto di basso distorto a dominare la scena. Sembra di essere ritornati ai tempi di “Sticky Fingers” e l’impressione è maggiormente amplificata in “Get Close” che ha un riff che riprende a chiare lettere quello di “Can’t You Hear Me Knocking’”. L’apertura di “Angry” è pura materia tipica delle pietre rotolanti, con Keith Richards abile tessitore di sporchi riff che solo lui sa creare con il suo plettro magico. “Depending On You” è il classico tema da classifica che ascolteremo per molto tempo nelle radio, così come “Driving Too Hard”, pezzo viaggiante da west coast americana. “Sweet Sound Of Heaven”, invece, ci riporta ai tempi mitici di “Let It Bleed”, come se gli anni sessanta si fossero magnificamente riproposti e non solo perché le tastiere le suona l’immortale Stevie Wonder, con tanto di seconda voce fornita da Lady Gaga. Il rock che li ha resi unici si ascolta volentieri in “Whole Wide World”, mentre un cenno a Brian Jones ed al suo tocco unico con la slide guitar non poteva mancare, visto che “Dreamy Skies” pare uscita dalle sessions di “Aftermath” o di “Beggar’s Banquet” (due autentici capolavori che non possono mancare nella discografia di ogni appassionato rock). Insomma, tirando una linea forte e decisa, si può dire che se “Hackney Diamonds” deve essere l’ultima testimonianza di un gruppo che viaggia per gli ottanta anni, allora è un ottimo modo di consegnarsi ancora di più ad un’immortalità che non conoscerà mai nubi o offuscamenti di sorta.