Segnatevi bene questo nome perché difficilmente ascolterete qualcosa di meglio in termini stoner-doom quest’anno. Gli inglesi non sono al primo disco, anzi il presente è il loro terzo full lenght e hanno all’attivo anche l’EP ‘Free The Witch’, ma sicuramente è la prima volta che possono vantare un supporto così importante da parte dell’etichetta, nello specifico la potente Nuclear Blast, e una base solida, alla costruzione della quale ha contribuito in larga parte ‘Black Harvest’, per tentare un salto commerciale significativo. Ciò è avvenuto grazie a otto tracce, più un prologo, che scuotono l’ibrido hard & heavy dei primi due album approcciandosi in maniera maliziosa all’essenzialità dei Ghost ed alle produzioni evolute degli ultimi anni di Blood Ceremony, Uncle Acid & The Deadbeats, Jess and the Ancient Ones, ma se vogliamo pure i Blues Pills. ‘The Forest Church’ e ‘Mountain Throne’ sono forse i pezzi in scaletta che rappresentano meglio questo cambiamento ma quando partono ‘One For Sorrow’ e ‘Hunters In The Sky’ è palese che i Green Lung, e in particolare Tom Templar e John Wright, abbiano voluto dare un segnale tutta la scena. ‘Maxine (Witch Queen)’ e ‘Song Of The Stones’ sono al contrario gli episodi che tracciano una continuità maggiore con ‘Woodland Rites’ e ‘Black Harvest’ ed a questo punto sarà molto interessante vedere come verrà trasportato dal vivo il materiale e come si svilupperanno nei prossimi mesi le esibizioni live del gruppo. Per il momento il viaggio nella dimensione più occulta della Terra d’Albione è assicurato.