A seguito della pubblicazione di ‘Death Cult Armageddon’, vuoi per problematiche interne e vuoi perché il fenomeno black metal aveva cominciato ad intraprendere una parabola discendente, i norvegesi hanno dilatato molto più le uscite che invece fino a quel momento erano state molto più fitte. Nel giro di vent’anni sono stati pubblicati solo tre lavori in studio ovvero ‘In Sorte Diaboli’, ‘Abrahadabra’ e ‘Eonian’ ed il riscontro a livello di critica non è stato unanime. Il pubblico ha invece continuato a supportare il verbo di Shagrath e Silenoz e così si spiega la scelta di concedere alle stampe un album di cover, che di sicuro non aggiunge molto alla loro discografia. L’intenzione a mio parere è di irrobustire l’offerta digitale della band e magari creare un pezzo da collezione per i fanatici del formato fisico. Le riletture di ‘Black Metal’ dei Venom e ‘Satan My Master’ dei Bathory sono perfino scontate, mentre è interessante vedere che Celtic Frost e G.G.F.H., la malsana creatura industriale di Michael Geist, hanno trasmesso così tanto agli autori di masterpiece quali ‘Stormblåst’ e ‘Enthrone Darkness Triumphant’. Non è una novità che Tom G. Warrior sia considerato un mentore per il movimento estremo, sebbene non sia di frequente citato ‘Morbid Tales’, ma sentire la melodia dark electro di ‘Dead Men Don`t Rape’ perdersi nei tastieroni di Shagrath è alquanto divertente. Pur nella loro banalità, operazioni commerciali come questa fanno sembrare i truci assassini del suono meno pericolosi e creano curiosità attorno ad un genere in perenne fase di transizione.