Uno dei progetti trasversali più interessanti degli ultimi anni. Non solo Martín Méndez ha saputo rendere i White Stones qualcosa di più di un semplice progetto parallelo degli Opeth ma, di release in release, è riuscito ad affinare il sound della band rendendolo unico e inimitabile. Dei tre lavori in studio editi fino adesso, ‘Memoria Viva’ è senza dubbio il più intrigante. Un po' perché la coesione di ‘Dancing Into Oblivion’ è stata mantenuta, pur lasciando ampio spazio a parti soliste tecniche e improvvise divagazioni in territori sperimentali, e un po' perché, forse per la prima volta, si ha la netta sensazione che queste canzoni siano state pensate per essere eseguite dal vivo. A sorpresa il cantato in spagnolo non inficia l’efficacia del materiale. Al contrario Eloi Boucherie dei Vidres a la Sang appare più a proprio agio spostandosi col suo lirismo tra disperazione e alienazione. Non un mero risultato di laboratorio di conseguenza, ma un coacervo di influenze, dai Mastodon ai Cynic passando per il metal più estremo – ricordatevi che in Uruguay Méndez e Martin Lopez facevano parte degli Eternal e hanno registrato uno dei demo album più maledetti della scena black metal underground denominato ‘...and the Sky Was Entombed by Flames’ - e oscuro, che ha guadagnato in accessibilità senza smarrire i propri valori. Il basso è in costante evidenza e lo stile del batterista Joan Carles Marí Tur, più vicino a Lopez che a Väyrynen o Axenrot, permette a Méndez di dare sfoggio di tutto il suo talento in un contesto malinconico e rabbioso.