A sei anni di distanza da ‘Evaporate’, le scozzesi Elizabeth Heaton e Rowan Burn si riaffacciano sul mercato con un album che fonde in maniera vincente le atmosfere tipiche del post-rock (‘Little Wooden Boxes’) con influenze shoegaze e progressive. In generale l’approccio compositivo dietro a ‘Cold Waves Divide Us’ è stato più condiviso e non soltanto perché il batterista Michael Hamilton è diventato un membro stabile della band. Le parti vocali su cui è costruito il disco sono una più bella dell’altra e gli arrangiamenti, a dispetto di linee melodiche decisamente eteree e sognanti, si sono fatti più concreti e heavy, in risposta alle esigenze della dimensione live. ‘In The Morning We’ll Be Someone Else’ e ‘I Am Wrong’ inaugurano la scaletta innalzando immediatamente il livello di adrenalina e puntando su armonie evocative che riportano alla mente una valanga di pellicole cinematografiche. Gli altri due apici sono senza dubbio ‘In This Avalanche’, il pezzo più elaborato e stratificato del lotto, e ‘Atrophy’, essenziale ma complesso, magico e maledetto. Non c’è comunque niente di scontato o superficiale in questo materiale che, per un motivo o l’altro, non è giunto a noi nella tempistica voluta. Un po’ indipendenti e un po’ bohemien, i Midas Fall meritano di essere valorizzati e conosciuti. Stupisce che ‘Cold Waves Divide Us’ esca senza il supporto di una grande etichetta, ma così è il music business. La speranza è che recensioni come questa facciano scattare qualcosa negli appassionati e negli addetti ai lavori.