I Mr. Big sono una di quelle band per cui bisogna portare rispetto, a prescindere dai gusti personali e dalle opinioni. Parliamo di un gruppo composto da quattro fenomeni (inserisco ancora oggi Pat Torpey che non è più tra noi) che ha scritto pagine importanti nella storia dell’hard rock. Ora, mentre è in corso il tour d’addio che li sta vedendo toccare ogni parte del mondo, esce in contemporanea “Ten” che dovrebbe (usiamo sempre il condizionale) essere l’ultimo episodio di una discografia che ha conosciuto momenti altissimi e altri, tutto sommato, normalissimi. Dopo innumerevoli ascolti, la sensazione che rimane su questo album è molto deficitaria, nel senso che da gente come loro, sinceramente, ci saremmo aspettati molto di più. Non vogliamo fare i nostalgici andando a riprendere i capolavori come l’esordio e “Lean Into It” per effettuare dei paragoni che sarebbero ingenerosi nei confronti dell’odierno materiale, ma qualcosa in più, vicino alla sufficienza, lo avremmo voluto e, sostanzialmente, preteso. In questo caso abbiamo una serie di canzoni, suonate per lo più in presa diretta, in cui mancano energia, ma soprattutto quelle melodie che erano tipiche del loro background. Abbiamo rock n roll di maniera tipo “What Were You Thinking” e brani che non hanno la “botta” che avrebbero dovuto possedere in quanto piazzati in principio del disco (“Good Luck Trying” e “I Am You”). Non va meglio quando ci si imbatte nelle classiche ballate, dove i nostri, un tempo, erano dei veri e propri fuoriclasse. “Who We Are” è un blues lento e mieloso che non prende, così come appare trascurabile “The Frame” posta al tramonto di un lavoro che ha il suo spunto migliore nella strumentale “See No Okapi” in cui i Mr. Big dimostrano di avere un talento immane quando si mettono a suonare senza regole e barriere. Se questo deve essere il capitolo finale che metta la ceralacca ad una carriera bellissima, allora possiamo affermare, con tutta la serenità del caso, che la sensazione che rimane è quella dell’amaro in bocca. A nostro avviso, una band del genere avrebbe meritato un’uscita di scena migliore.